Jambo Baba Corrado!
Ogni volta che parlava della “sua Africa” il suo volto s’illuminava ed i suoi occhi brillavano; ogni volta che arrivava a Dar Es Saalam scendeva dall’aereo con la stessa baldanza di chi finalmente torna a casa dopo tanto tempo e dava la sensazione di non essere affatto stanco, nonostante il lungo viaggio e nonostante l’età cominciasse ad avanzare. Era felice, e non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi confratelli e i suoi bambini, che lo accoglievano correndogli incontro a braccia aperte, chiamandolo “Baba Corrado” e sapendo di poter sperare in qualche “pipi” (le caramelle nel linguaggio Swahili). Dal 1972 Padre Corrado aveva iniziato a cooperare con la Tanzania ed era stato amore a prima vista. Da allora, ogni anno trascorreva almeno un mese nelle missioni, organizzando dei “campi di lavoro estivi” e portando con sé molti giovani: così riusciva allo stesso tempo a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali e ad offrire ai ragazzi la possibilità di fare importanti esperienze di condivisione. Molti di loro rimanevano talmente colpiti ed affascinati da quelle vacanze così particolari che continuavano a seguirlo negli anni successivi e cominciavano a sentire la “missione” come parte integrante della loro vita. Per 40 anni ha continuato a viaggiare instancabilmente in diversi paesi africani, come il Burkina Faso, il Burundi, il Ruanda e negli ultimi anni anche la Nigeria. Era orgoglioso degli enormi progressi ai quali aveva assistito in questo meraviglioso continente (e che anche lui aveva contribuito a realizzare): le scuole, le infrastrutture, gli ospedali, la viabilità, il miglioramento delle condizioni di vita; anche se ogni tanto dai suoi discorsi traspariva la velata sensazione di un “sogno svanito”, per colpa della corruzione, delle dittature, delle guerre tribali e dei governi coloniali, che non avevano mai smesso di sfruttare questi popoli. Ma la Tanzania era un caso a parte, un paese sereno, privo di guerre e conflitti, abitato da un popolo sorridente capace di vivere serenamente e di accettare con dignità le proprie condizioni di vita. Come altre centinaia di studenti, molti di noi l’hanno conosciuto negli anni ’80, sui banchi di un Liceo, quando tentava la difficile impresa di catturare la nostra attenzione contesa tra una battuta ed un ripasso per l’interrogazione dell’ora successiva. E devo dire che ci riusciva in maniera eccellente, grazie a quelle sue doti naturali di spontaneità ed umanità che gli consentivano di parlare ai ragazzi con il loro stesso linguaggio, scendendo dalla cattedra senza tuttavia perdere niente della sua autorevolezza. Tanto era il suo entusiasmo nel parlare dell’Africa e nel mostrarci i filmati realizzati durante le sue missioni che ci arrivava direttamente al cuore; e senza che ce ne accorgessimo, goccia dopo goccia, ci trasferiva un po’ del suo fervore e del suo grande amore per questa terra e ci aiutava a crescere con la consapevolezza di essere nati in una parte molto privilegiata del mondo. E’sicuramente grazie a questo seme, al desiderio di poter fare qualcosa per “l’altra parte del mondo” che lui ha innestato in noi, che poi è germogliata e cresciuta anche la nostra Associazione, per la quale Padre Corrado è sempre stato una guida fondamentale ed un punto di riferimento. E’ stato proprio lui, sulla base delle sue consolidate conoscenze dei bisogni e delle dinamiche delle comunità, a guidare i nostri primi passi e ad indirizzarci verso i primi progetti in Tanzania: l’asilo di Mkoka, la scuola di Kongwa, la realizzazione di alcuni pozzi. Ed ogni volta che ci sottoponeva un’esigenza si rammaricava per aver dovuto sacrificare le altre: non sopportava di vedere dei genitori costretti a scegliere tra mandare a scuola i loro figli o dar loro da mangiare. Con lui abbiamo condiviso delle esperienze di missione indimenticabili; abbiamo imparato a conoscere il lato più autentico della Tanzania, della sua gente e della sua cultura; abbiamo percepito lo spirito autentico di cui sono animati questi eccezionali Frati Cappuccini che da quarant’anni vivono in questa terra e che hanno scelto di dedicare tutta la loro vita ai bisogni degli altri, con una serenità ed una gioia d’animo che raramente s’incontrano tra le persone che vivono in Italia. Uno di questi era proprio Silverio: lo abbiamo conosciuto quando era parroco di Kongwa e ci ha immediatamente conquistato per la sua aria serafica, per il suo spirito, per la sua vivacità, per la voglia di ridere e per la tranquillità con cui riusciva ad affrontare ogni situazione. Un ritratto decisamente diverso da quello del missionario che ci immaginavamo prima di partire. A Mkoka avevamo conosciuto anche Andrea, con il quale avevamo condiviso un periodo della missione: un ragazzo di 34 anni di San Casciano Val di Pesa con una grandissima voglia di fare e di aiutare gli altri; al suo ritorno ci aveva promesso tante fotografie dei bambini di Mkoka e di Kongwa con i quaderni realizzati lo scorso anno dai loro piccoli coetanei senesi. Innamorato di Siena, della “sua Parrocchia” dei Cappuccini e del “suo Galilei”, Padre Corrado quasi si è commosso quando gli ho detto che l’Osservatorio di Poggio al Vento era stato “adottato” proprio dal Liceo Scientifico e che quindi sarebbe stato trasportato lì e nuovamente utilizzato dai ragazzi della scuola e della città. Quando ci siamo incontrati, pochi giorni prima della sua partenza, abbiamo ancora una volta commentato la sua vitalità e la sua instancabilità, nonostante l’età e nonostante i recenti problemi di salute. Ma lui era fatto così! E forse proprio per questo ci solleva un po’ il fatto che abbia trascorso i suoi ultimi giorni nella terra che più amava facendo quello in cui più credeva. E’ inutile cercare di dire quanto ci mancherà senza rischiare di cadere nella retorica. E’ inutile anche dire che Padre Corrado sarà sempre con noi. Sicuramente quello che ha lasciato a noi, a tutti i suoi ragazzi del Liceo, ai suoi parrocchiani di Siena e a quelli di Prato è un’eredità enorme, fatta di valori, esperienze, emozioni, condivisioni e ricordi di una persona speciale pur nella sua estrema umanità. Ora più che mai siamo convinti di dover andare avanti sulla nostra… anzi sulla sua strada. Jambo Baba Corrado!